Fare l’amore, nottetempo
Intervista a Jean-Philippe Toussaint
Nottetempo è
il nome di un progetto editoriale nato nel 2002 da un’idea di Ginevra Bompiani e di Roberta Einaudi. E
“Fare l’amore” è uno dei titoli più recenti di questa
giovane casa editrice. L’accoppiata non sembrerebbe casuale…
Scritto dal
belga Jean-Philippe Toussaint,
“Fare l’amore” (Nottetempo 2003, pp. 147 – traduzione di Roberto Ferrucci) racconta la storia di una coppia, forse gli
ultimi giorni della storia d’amore tra una donna e un uomo. Sullo sfondo,
dunque, una separazione probabile. Mentre in primo piano, nella vicenda come
nella copertina dell’edizione italiana, c’è una inquietante
boccetta di acido cloridrico.
Un narratore
senza nome ha seguito sua moglie Marie fino a Tokyo,
dove la donna è impegnata nell’allestimento di una mostra delle sue creazioni di moda. Ma qualcosa non funziona
più, tra i due. Magari proprio perché l’uomo non è in grado di reggere la realizzazione della sua compagna, questo suo muoversi
indipendentemente da lui…
Nell’atmosfera
ovattata di un Giappone notturno, nello spaesamento
dove i due lottano invano per adeguarsi al fuso orario, il narratore e Marie si studiano, si amano e si odiano. Fanno l’amore
ovviamente, come se fosse l’ultima volta, con passione ma soprattutto con
rabbia – ricordando il giorno in cui lo fecero per la prima volta, a Parigi. Il
lettore in effetti rimane poco convinto che i due,
amandosi così, possano davvero lasciarsi per sempre, ma c’è sempre il flacone
di acido che l’uomo porta in tasca: metafora della possibilità che tutto possa
disfarsi davvero e allusione forse ad una incipiente psicosi del protagonista.
Abbiamo
intervistato Jean-Philippe Toussaint,
per sapere come mai ha scelto di intitolare “Faire
l’amour” un libro che sembra voler raccontare che l’amore, quei due, non lo faranno più.
Allora, Toussaint, ci perdoni la domanda un po’
romantica, ma davvero i personaggi di “Fare l’amore” si lasceranno per sempre? Oppure stanno soltanto affrontando una sorta di svezzamento
reciproco?
La risposta deve in effetti restare aperta. La
mia idea era di mostrare che c’era forse più amore tra i personaggi nel momento
in cui si separavano che allorquando si erano incontrati. Ma
forse risponderò ancor più precisamente in un prossimo libro…
Nell’edizione italiana di Nottetempo la boccetta di acido
con cui si apre la storia è addirittura sulla copertina. Perché il narratore ha
questa idea… in tasca?
È un’idea che ho avuto sin dall’inizio della
stesura del libro. Pensavo che rispetto al mio primo romanzo, “La stanza da
bagno” (Guanda, ndr.),
i miei libri erano diventati sempre più leggeri,
divertenti, leggi “felici”, per riferirsi a un articolo della rivista Les Inrockuptibles a proposito de
“La televisione” (Einaudi, ndr.),
che citava nel titolo: «Più che un libro divertente, è un libro felice». C’era
qualcosa - una violenza latente, un’acidità - nei miei primi libri, che a poco a poco è
sparito. Ho voluto ritrovare questa acidità e mi sono
preso in parola, mettendo un flacone di acido nella tasca del narratore…
Ultimamente sono andato a vedere “Lost in translation” di Sofia Coppola: anche lì l’azione si svolge
a Tokyo, ma i protagonisti non sono giapponesi, c’è l’impossibilità di
adeguarsi al jet lag, i fax
che arrivano di notte, l’insonnia e lo spaesamento, e
in una scena addirittura l’uomo esce dalla sua stanza con le pantofole di
stoffa dell’albergo proprio come i suoi personaggi… Sofia Coppola deve aver
letto il suo romanzo!
Mi sarebbe piaciuto… ma è impossibile, credo.
Mi piacerebbe anche che lo leggesse oggi, il mio libro (le dovrei forse inviare
la traduzione inglese) perché possa constatare, come
me, le numerose coincidenze tra le due opere… Mi piace molto il film di Sofia
Coppola. È differente da “Fare l’amore” nella storia, ma ne è
vicino per la sensibilità… Trovo il film molto bello e sottile.
Non è un caso che le parli di cinema; lei è anche sceneggiatore e
regista. Ma soprattutto in un suo scritto cita le due letture che sono state determinanti nella sua vita: “Les Films de ma vie” di François Truffaut e “Delitto e castigo” di Fedor
Dostoevskji. A cosa sta lavorando adesso: un film o un
nuovo romanzo?
Sto scrivendo. Ecco tutto.
(Zefiro, 03/03/04)© Paolo Izzo
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