Fuga dall’abbandono

(Oliviero La Stella, “Lo spiaggiatore”, Fazi Editore 2003)

 

Qualcuno ha detto che “il racconto è il romanzo di un pigro”. Non mi ricordo se l’affermazione sia di Flaubert o di Tolstoj… Prendendola per vera, dobbiamo credere che Oliviero La Stella sia uno scrittore pigrissimo: quelli contenuti nella raccolta Lo spiaggiatore, infatti, sono dei flash, delle istantanee più che dei racconti nel senso classico del termine. Non tanto per il numero di pagine che ciascuno occupa, ma per la prosa stessa: scarna e diretta, senza fronzoli. La Stella non abbellisce, non compie giri di parole, non descrive più di tanto; si limita ai fatti, alla realtà nuda e cruda dei suoi personaggi. Non dà nemmeno il tempo al lettore di affezionarsi ad una storia, di odiare un “cattivo” fino in fondo o di commuoversi per la sorte di un emarginato…

Ciononostante è innegabile che le favole metropolitane di questo esordio narrativo lascino il segno, forse proprio per la loro immediatezza a metà tra minimalismo e verismo e per la varietà delle situazioni inventate. Il segno è un ricordo dei non-eroi de Lo spiaggiatore che ci rimane in mente per molto tempo, come una di quelle storie che potrebbe averci raccontato il vicino di fila alle poste oppure il viaggiatore sul treno. Anche il linguaggio appare quello di chi si limita all’essenziale, giusto per mantenere l’attenzione desta.

Un avvocato paga di tasca sua le cause perse facendo credere ai propri clienti di averle vinte; un’anoressica è stanca di vivere, ma ritrova la speranza grazie alle immagini fantastiche che un giovane medico le fa vedere con le parole (è il racconto che dà il titolo alla raccolta, il più bello); un ministro nasconde la testa nella sabbia di fronte alla realtà, per inseguire o per fuggire un’onda di memorie; una vecchia signora si sottrae al controllo della famiglia per andare a chiedere l’elemosina all’uscita delle messe domenicali e dare così sfogo alla sua innata e mai espressa voglia di recitare…

Queste le storie, fotografate nel momento in cui l’imponderabile sta per stravolgere esistenze quiete e tutto sommato normali. La Stella ci fa essere lì, proprio in quel momento fatidico, per poi lasciare i suoi personaggi al loro destino e noi al nostro.

A voler trovare degli elementi comuni alle brevi narrazioni, possiamo seguire i suggerimenti di Goffredo Fofi che, nella prefazione al volume, mette in risalto il lavoro come un possibile filo conduttore. Per esempio La Stella coglie con vera abilità i paradossi della carriera lavorativa così come si svolge oggigiorno: non un’ascesa verso posizioni di sempre maggiore rilievo e prestigio, ma piuttosto una discesa ineluttabile verso il dimenticatoio. Colui che accumula l’esperienza di anni viene presto percepito come un peso, come una zavorra che impedisce a giovani rampanti e moderni di accedere alle professioni: la velocità con cui queste cambiano travolge quella che un tempo rappresentava una dote importante. L’esperienza, appunto. I vecchi, piuttosto che saggi, sono ormai visti come antichi da soppiantare, da ricollocare. Di questo andazzo è tracciato un quadro saliente con la novella del giornalista che dopo anni di onorato servizio viene relegato a rispondere alle lettere al giornale, compito che egli assolve con la solita professionalità, malcelando però una profonda amarezza e trovando una modesta rivincita con l’invenzione di lettere false…

Anche il denaro è argomento costante, nei racconti di La Stella. L’assenza, il culto, il potere, l’illusione dei soldi muovono ora uno ora l’altro personaggio. L’extracomunitario che deve rintracciare quanto serve per acquistare un walkman e per potersi isolare dal chiasso che lo circonda; la cubista che rabbrividisce; la ragazza che vuole diventare attrice a tutti costi… L’abbiamo detto, ci troviamo sempre lì, nel momento cruciale, poco prima che ciascun personaggio venga restituito al vero nemico: una silenziosa esistenza, senza scosse, per certi versi inutile. Ennesima conferma di quanto la realtà materiale sia vana se messa a confronto con quella psichica e relazionale. Quest’ultima lascia affiorare quello che ci sembra il vero tema dominante: la solitudine. Quelli de Lo spiaggiatore sono piccoli ritratti di persone comuni tutte legate da una sorta di abbandono… I non-eroi del giornalista romano (La Stella è responsabile della Cultura per il quotidiano Il Messaggero) non tentano davvero di affrontare questa sorta di punizione che la vita ha voluto infliggere loro, bensì la vivono con una rassegnazione che spesso sfocia in epiloghi drammatici oppure in una rivalsa comunque amara. Nella migliore delle ipotesi, di fronte alle angherie di una esistenza gretta, la migliore via d’uscita sarà una fuga verso l’ignoto, un salto nel vuoto, un tuffo ad occhi chiusi.

 

 

(6/5/03)© Paolo Izzo

 

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