Variazioni sul tema / Rashomon

 

Roma – Nella notte tra il 23 e il 24 dicembre, sulla passeggiata del Gianicolo, viene rinvenuto il cadavere di Paola Bianchi, 28 anni. Il corpo della ragazza era senza le scarpe. E se queste scarpe non si fossero trovate…?: avremmo un’altra testimonianza, come in quel vecchio film di Kurosawa che si intitolava Rashomon.

 

Le scarpe erano davvero belle, signor carabiniere. E calde. Nuove di pacca, ancora lucide; forse un regalo anticipato per il santo natale. Non le guardi adesso, io cammino nel fango. Io ci vivo, nel fango. Con il freddo che sta facendo la terra diventa un deserto pieno di crepe, ma basta una piovuta e il fango si trasforma in una colla marrone. E poi lei non si muoveva più da mezz’ora almeno. E lui se n’era andato, quando lei ancora si muoveva. Ridevano e tossivano, sono passati dietro di me. Mi ero seduta sulla panchina: se mi piego in due i brividi sono meno violenti, i giornali si attaccano al corpo e resisto qualche minuto. Non posso mica camminare sempre; dopo un po’ mi stanco, sono debole. Mi ero seduta e loro sono passati alle mie spalle. Ridendo e tossendo. Non mi hanno nemmeno vista. Né ho avuto il tempo di chiedere, chessò, una sigaretta, mezzo euro, che ore sono. Niente, camminavano come se fossero legati con un elastico però: si separavano, andavano a zig zag, allontanandosi e poi ritornavano vicini, lui provava ad abbracciarla, ma più che altro si scontravano come se l’elastico li riavvicinasse di botto. Ubriachi, drogati; non si capiva. Sa quanti ne vedo, signor carabiniere? Qualche volta ci facciamo compagnia, ma non hanno mai scarpe così, quelli che mi fanno compagnia. Lei è inciampata, a un certo punto. Caduta sul ginocchio, proprio davanti a lui, che se non si fermava in tempo le cadeva pure addosso; invece ha provato a tirarla su, sempre con quell’elastico immaginario. Ma lei ha fatto un gesto con la mano come per dire di no e si è messa a vomitare. Lui ha fatto un salto indietro per non sporcarsi. Si è messa a guardarla con le mani sui fianchi. Allora mi sono alzata, cercando di non fare rumore, anche se i giornali che ho addosso fanno sempre un po’ di rumore. Lei si stava lamentando come una sirena dell’ambulanza. Si è trascinata a quattro zampe verso un cespuglio. Lui sempre con le mani sui fianchi, spostando il peso prima su un piede poi sull’altro. Lei si è distesa, bruscamente: deve aver sbattuto la testa, anche se ormai non capivo più per che cosa si lamentasse. Si teneva la pancia. Lui se n’è andato da un altro lato, tendendo l’elastico molto più di prima. L’ho visto pisciare, signor carabiniere. Avrà pensato che con lei distesa lì non c’erano problemi. Però scuoteva la testa e poi la alzava al cielo: secondo me bestemmiava, perché qualche problema c’era. Lei si lamentava sempre meno. Io l’ho guardata e non sapevo cosa fare. Vedevo le sue scarpe luccicare anche se la luce era davvero poca e non c’era nemmeno la luna… Insomma lui se n’è andato. Mi sono girata e non l’ho visto più. E lei è morta. Lo so che è morta perché prima pensavo che dormisse, ma dopo mi sono avvicinata e se una dorme con gli occhi aperti, beata lei che non corre pericoli! Lo ammetto, mi sono presa le scarpe. Io sono una che ha studiato, adesso mi vede così perché mi ha rovinata uno che quando stavo male se ne rimaneva in piedi a guardarmi scuotendo la testa e bestemmiando, con le mani sui fianchi. Poi l’elastico si è rotto e lui se n’è andato. Ecco. Comunque ho studiato e lo so quando le scarpe ti servono e quando no. Alla ragazza non servivano più: non si cammina dove è andata lei.

 

 

(Zefiro, 14/01/04)© Paolo Izzo

 

Torna a Racconti