La legge 40: un’istigazione
all’ipocrisia
Intervista
a Maria Pace Ottieri
È sempre più evidente come la Chiesa cattolica
imponga alla politica italiana i suoi veti e soprattutto il suo palinsesto,
tanto che non passa giorno “televisivo” in cui non si
parli più di quanto accade oltre Tevere che dell’imminente appuntamento referendario.
La nostra inchiesta nel campo della
letteratura, offrendo di volta in volta uno spunto nuovo e originale alle
ragioni del Sì, ci dà la spinta per seguitare
imperterriti a mettere in primo piano i referendum del 12 e 13 giugno.
Stavolta abbiamo interpellato Maria Pace Ottieri che, come scrittrice, sta vivendo un momento
particolarmente felice: dal suo recente Quando
sei nato non puoi più nasconderti, Marco Tullio Giordana ha appena
tratto l’omonimo film (in concorso al festival di Cannes), mentre il suo ultimo
romanzo, Abbandonami, si è aggiudicato il premio Grinzane
Cavour 2005 (entrambi i titoli sono editi da Nottetempo).
Per Ottieri «una
delle ragioni della legge 40 e dei suoi difensori, ma non può essere l’unica, è
il panico rispetto allo scardinamento della famiglia triangolare, che ha come sottofondo la paura delle famiglie irregolari come, per
esempio, quelle omosessuali».
E per questa
paura si fa una legge piena di divieti e di restrizioni che nel resto d’Europa
non ci sono?
«È quello che
mi chiedo anche io. Se fossero soltanto le coppie
omosessuali a preoccupare, avrebbero fatto una legge che impedisse a coppie
dello stesso sesso di ricorrere alla fecondazione assistita. Almeno avrebbero
fatto una cosa specifica, giusta o sbagliata che fosse. Ma
il fantasma deve essere ancora più grande: quello di una scienza che per il suo
rapido corso e sviluppo sta scardinando nella sua base biologica la famiglia
nucleare cattolica. Un fatto prettamente occidentale, perché se uno prende in
mano un manuale di antropologia, le famiglie sono
infinite nelle popolazioni del mondo e della storia: uno può essere figlio del
proprio padre biologico, ma riconoscere invece il padre istituzionale e
culturale nel fratello della madre. Questo è uno dei modelli per fare un
esempio; ce ne sono mille. L’attaccamento alla nostra famiglia nucleare è forse
una delle ragioni che ha prodotto una tale legge,
perché naturalmente se cambiano gli ingredienti della
famiglia biologica, cambiano poi anche le forme culturali. E
non c’è più bisogno della coppia…».
Perché voterai
quattro Sì?
«Soprattutto
per una questione di buon senso. Non ci sono ragioni che mi impediscano
di andare a votare in questo modo: non sono credente, penso che sia diritto di
tutti poter avere dei figli e poi c’è l’aspetto scientifico della cura delle
malattie con le cellule staminali embrionali di cui
sono convinta. Dirimere la questione dell’anima, quando l’embrione ha o non ha
l’anima, non è alla mia portata e sfido le persone comuni come me ad andare a
votare con le idee chiare in testa su questo argomento.
È una materia di una complessità, di una stratificazione, di una difficoltà
superiori a qualunque referendum che abbiamo mai fatto. Per questo secondo me
la gente voterà o ideologicamente o per buon senso o per ragioni personali».
Da
un lato la scienza con i suoi progressi e dall’altra la politica che corre ai
ripari. Influenzata, in questo, dalla Chiesa. Come si esce da
questa ricerca a tutti i costi del consenso del mondo cattolico che va
trasversalmente da destra a sinistra?
«Intanto è
più di destra che di sinistra, direi... Poi è un consenso che
di fatto viene smentito. Leggevo di quel sondaggio secondo cui sarebbero cattoliche sette coppie su dieci, tra quelle che
ricorrono alla fecondazione assistita. E anche questo
è normale: essendo un Paese cattolico e dovendo, per statuto di credenza,
procreare, penso che una coppia non cattolica alla fine lasci perdere se non
riesce ad avere dei figli. D’altra parte nulla è stato fatto per facilitare,
abbreviare, fluidificare la legge sull’adozione! Ho amici che aspettano da tre
anni un bambino, pur avendo tutte le carte in regola e non è impossibile che,
quando questo bambino arriva, la coppia salti in aria. Capirei di più una
riorganizzazione complessiva della materia: che facciano una legge per
incoraggiare ad adottare piuttosto che procreare a
tutti i costi. Se questo non si fa vuole dire che i
problemi sono altri».
In primo
piano, come accennavi tu, c’è la questione di quando cominci la vita umana e
del preciso momento in cui un essere umano possa essere considerato individuo.
La Costituzione parlerebbe chiaro, ma…
«Ho letto un
articolo di Maurizio Mori, professore di bioetica a Torino, sul “Diario”: Mori conclude dicendo che quando cominci l’anima “si può intendere
anche in senso funzionalista, come la caratteristica
che distingue la persona dagli altri animali non umani” e che quindi non è in
realtà una questione di fede religiosa, ma filosofica. Quindi
eminentemente razionale, perché si tratta di chiarire non quando cominci
l’anima ma quale sia il carattere distintivo della persona, quando l’essere
umano possa considerarsi tale. Io non ho la risposta, naturalmente,
perché è un cosa complessa. Ma
almeno in quell’articolo si scioglie l’equivoco
secondo il quale sarebbero solo i religiosi a porsi questa domanda».
Si può
cambiare la parola e al posto dell’anima chiedersi quando arrivi la psiche,
unico elemento distintivo dell’essere umano rispetto agli animali…
«Ecco perché
dico che è difficile immaginare che ad un referendum su una tale materia le
persone che vanno a votare abbiano cognizione di causa… Posso però affermare
che questo discorso grossissimo diventa fasullo se si mette in relazione con
dati reali, di vita umana appunto: per esempio Veronesi, rispetto ai trentamila
bambini che ogni hanno nascono con malformazioni, sostiene che la legge 40
impedisce di ridurre in modo drastico quel numero. Cioè, da una parte c’è la sopravvalutazione di un’entità di
cui non si sa nulla, che è l’embrione e dall’altra l’incuranza e l’indifferenza
di fronte a bambini destinati, condannati a nascere malati».
Si sente dire
da più parti che l’eterologa sarebbe il quesito più difficile, tanto è vero che
molti dicono di votare 3 Sì e un No. Tu che ne pensi?
«L’eterologa
è comunque una situazione di rimedio a un problema
dell’Occidente, che ha reso da tutti i punti di vista difficile la
procreazione. Un dibattito del genere in India sarebbe assurdo… Evidentemente
la nostra è una cultura che va verso la sterilità
concettuale, prima ancora che biologica. Di questo si parla ancora meno che di
questo referendum. Anche sull’eterologa c’è
un’ipocrisia non confessata. Basti pensare a quelle coppie che prima del
divorzio stavano insieme cinquant’anni: allora era
quanto meno frequente, se non tipico, che gli nascessero figli naturali, che
magari venivano riconosciuti lo stesso. L’eterologa è sempre esistita, questa è la vera ipocrisia!».
(Nuova Agenzia
Radicale, 22/05/05)©
Paolo Izzo
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