Massimo Fagioli, ovvero dell’immagine interna e dell’Analisi collettiva

 

Abbandonare la ragione tenendosi stretto il pensiero, onnipresente e distintivo della razza umana. Muoversi nell’esistenza con una libertà rubata al proprio inconscio. Esso, al contrario degli istinti animali, crea immagini in continuazione, viaggiando parallelo alla nostra Attività, pervadendo il nostro quotidiano di suggerimenti, se così possiamo dire, che seguono una logica strabiliante: lo fa attraverso i sogni, ma straripa nella veglia, malcelato dietro la maschera del comportamento.

La ricerca di Massimo Fagioli è puntata in questa direzione, da trent’anni: punto di partenza, la scoperta dell’Inconscio mare calmo, una dimensione che appartiene al bambino appena nato e che andrebbe perseguita, riconquistata dall’uomo adulto.

Sigmund Freud supponeva il contrario: egli vedeva il bambino come il primo, inguaribile, malato mentale, portatore di un inconscio naturalmente perverso...

Ecco la battaglia che Fagioli condusse all’inizio degli anni ’70, esponendosi in prima persona nello scontro con l’ideologia dominante, con quel famigerato “gotha” di psicoanalisti che per quasi un secolo avevano lucrato indisturbati nel tentativo positivista e organicista di rimuovere false isterie o psicosi vere, ma fuori dalla loro portata. Rovesciare il processo di perversione, ipotizzare la sanità originaria del neonato, significava in qualche modo avvicinare paradossalmente gli uomini adulti alla pazzia, temuta da essi forse più della morte. Fagioli ha realizzato questa rivoluzione non senza creare gli strumenti necessari: innanzitutto una teoria, prima inesistente, che intreccia il processo di cura con la formazione e la ricerca; contemporaneamente il proposito fermo di realizzare la guarigione, laddove psicoanalisti prima, medici psichiatri poi hanno fallito, limitando... chimicamente o “elettricamente”, soltanto i danni che il malato di mente può causare alla comunità, ma mai quelli che reca a se stesso.

Il trittico cura-formazione-ricerca potrebbero tentare di spiegarlo le centinaia, migliaia di persone che seguono i seminari di Analisi collettiva che Massimo Fagioli tiene ormai da venticinque anni: conoscere e affrontare i nemici dell’inconscio sano - indifferenza, anaffettività, annullamento, identificazione, rabbia - è il miglior modo per difendersi dalla malattia mentale! E per avere sempre più chiare le dinamiche dei rapporti interumani, per coltivare gli stessi nell’alveo del rispetto, della profondità e appunto della sanità, per lasciarsi andare al desiderio senza paura di perdere il senno...

Allora ci viene in mente l’idea fagioliana dell’immagine interna, quella che tanto somiglia all’immagine di una donna bella, che tutti - donne e uomini - dovrebbero coltivare e sviluppare, con il fine ultimo di riacquistare quel ricordo di inconscio mare calmo percepito alla nascita. Allora ci viene in mente l’attacco alle derivazioni del freudismo, la critica al marxismo, la lotta contro quell’impianto di pensiero religioso e pensiero razionale che vuole da sempre fuorviare la ricerca e portarla dall’introspezione verso l’astrazione... verso il nulla. Fagioli, appunto, sovverte i principi del razionalismo e delle religioni, così affini nella mistificazione della conoscenza; scopre la condanna che essi hanno perpetuato contro la libertà e l’identità, tramutate in insidiose chimere che si escludono a vicenda; svela l’inganno di chi ha reso l’inconscio inconoscibile, o perché ha tentato di spiegarlo con la Ragione, oppure perché lo ha negato e persino demonizzato...

Sarebbe lungo, oneroso e forse difficile, anche perché sono in continua evoluzione, rappresentare in un solo commento la teoria e la prassi con cui lo psichiatra marchigiano (ma riconosciuto come fondatore della scuola “romana”) ha messo in crisi la non-teoria e l’ipocrita prassi di freudiana memoria. Ci sono, a tale scopo, i libri di Fagioli, Istinto di morte e conoscenza, La marionetta e il burattino, Psicoanalisi della nascita e castrazione umana, Bambino donna e trasformazione dell’uomo, tutti arrivati almeno alla sesta edizione. Ci sono i film a cui egli ha collaborato, come Diavolo in corpo di Marco Bellocchio, quelli che ha sceneggiato e seguìto, sempre con Bellocchio (Il sogno della farfalla, La condanna) e quelli sceneggiati, girati, montati, musicati in piena autonomia: Il cielo della luna, 25 anni di Analisi collettiva e il recentissimo Mélange.

Bisognava essere a Napoli, dove quest’ultimo film è stato presentato in anteprima, ad un convegno affollatissimo tenutosi al teatro Augusteo (8, 9 e 10 ottobre) e intitolato “Crisi del freudismo e prospettive della scienza dell’uomo”. Ebbene, a Napoli abbiamo assistito ad una rappresentazione bellissima, piena di immagini e di musica e di teoria, la Ragione bandita insieme con la psichiatria “farmacologica” (che “ragionevolmente” ammazza il pensiero), il freudismo finalmente demolito, oseremmo dire, spazzato via in tutta la sua lugubre pesantezza. Qualcuno ha persino parlato di “morte della psicoanalisi” («Corriere della Sera», 9 ottobre 1999), ma indubbiamente l’epitaffio si può accettare solo se riferito all’analisi tradizionale, poiché c’è una vita, una vitalità in questa maniera di concepire lo studio della psiche, che solo chi è da sempre libertario può veramente comprendere.

Ecco com’è la psichiatria di Massimo Fagioli; tutti i mezzi espressivi, creativi, sono leciti se il fine è quello di seguire l’inconscio, di afferrarne l’essenza, se l’obiettivo è quello di fare “immagini inconsce non oniriche” con cinema, architettura, disegno, scultura, scrittura, musica...

Fagioli, oggi, mette in mostra la sua immagine interna in risposta a quanti, raccontandogli i sogni,  hanno provato per anni a trovare la propria.

È il prodotto di una ricerca che prosegue ininterrotta da cinque lustri, tutti i giorni dal lunedì al giovedì, durante i seminari di analisi collettiva, e adesso anche all’esterno, fuori della storica sede di S. Cosimato, a Roma.

È il prodotto di un confronto (peraltro gratuito!) tra uno psichiatra e frotte di analizzandi: un vero punto di svolta rispetto a Breuer, Freud, Jung che, nelle intenzioni e nei fatti, di fronte ad un solo paziente, si davano a gambe levate!

 

 

(QR n. 67 – ottobre 1999)© Paolo Izzo

 

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