Sempre
Sì alla libera scelta dell’individuo
Intervista a Raffaele Mangano
Mancano 30
giorni al voto dei quattro referendum abrogativi della legge 40. E continua la
nostra indagine tra scrittori e “intellettuali” in genere che, per un’idea forse
romantica, riteniamo essere quelli che non fanno
calcoli e che si schierano apertamente. Molti, purtroppo, si trincerano dietro
il classico “non so” dei sondaggi o ci chiedono tempo per chiarirsi le idee.
Altri, invece, più coraggiosi, non solo decidono subito di invitare al voto del
12 e 13 giugno prossimi, ma ci ricordano alcuni episodi del passato che
dovrebbero far riflettere. Lo scrittore Raffaele Mangano
(“Il mio amico Abdul” è il suo romanzo più recente,
pubblicato nel 2003 da Lupetti) è tra questi: infatti esordisce con una sagace
retrospettiva, prima di entrare nel merito.
«Tu vuoi il parere degli intellettuali, ma secondo me gli intellettuali
sono troppo distratti. Un po’ assenti, direi, nelle decisioni importanti…».
Dovrei rivolgermi
ai beniamini della televisione?
«Ecco! Faresti meglio. In
questo momento tirerebbe di più il parere dell’orrida Iva
Zanicchi, quella che si abbandona a flatulenze in
diretta tv… Se pensi che un personaggio televisivo di tale portata
intellettuale fu decisivo all’epoca del referendum sulla pubblicità all’interno
dei film televisivi… Fece una campagna talmente pressante su tutte le reti Mediaset che alla fine, paradossalmente, quello fu uno dei
pochi referendum in cui si è raggiunto il quorum. E
votarono a favore! Cioè gli italiani, quelli che
bestemmiano e maledicono le pubblicità durante i film in tv, dissero Sì alla
pubblicità durante i film in tv! Sai che quando io a
volte dico questa cosa, la gente non se la ricorda? Come se non bastasse, mi
tocca aggiungere che Iva Zanicchi e altri si
scatenarono in favore di quel referendum perché lo ritenevano una battaglia per
la libertà… Pensa come siamo messi!».
Veniamo alle cose
serie. Tu a giugno vai a votare o vai al mare?
«Vado a votare e vado a votare quattro Sì. Vado a votare perché non ho
mai concepito il discorso dell’astensione: il referendum è un diritto del
cittadino e non vedo perché ogni volta si debba cercare di far mancare il
quorum. Se uno non è d’accordo si prende la sua
responsabilità e va a votare No. Che senso ha far decadere il significato
stesso del referendum? Questa io la trovo una cosa molto stupida, molto becera,
che non appartiene a una democrazia matura, compiuta».
Eppure, lo strumento
referendario sembra essere un po’ inviso alla gente…
«Devo dire che ha contribuito molto la classe politica a farlo vedere
così. Se ci ricordiamo, la cosa parte da Craxi, che
disse “Io vado al mare… Passatemi l’olio” in una famosa intervista, per finire
poi a Berlusconi, che all’ultimo momento – quando si
trattò di votare la legge sul maggioritario – cambiò idea: prima aveva
partecipato, appoggiando il comitato referendario e poi si defilò, invitando di fatto a non andare a votare».
Oggi una cosa
analoga è avvenuta con Gianfranco Fini. Prima fanno
una legge e poi dichiarano di voler abrogarla…
«Questo è un paradosso che non capisco… Probabilmente entrano in gioco calcoli politici, non credo che ci sia un
discorso di convinzione sui quesiti referendari. Fini avrà
fatto valutazioni sue, che a noi comuni mortali sfuggono. Mi dispiace solo,
torno a dire, che l’alternativa debba essere tra chi
va a votare e chi invece si astiene. Non è corretto e non è nello spirito che
dovrebbe animare i referendum».
Si raggiungerà il
quorum, secondo te?
«Non lo so. Il discorso è: quanta gente sa esattamente per che cosa si
andrà a votare? A meno che da qui a giugno riescano in
qualche modo a far circolare l’informazione… La gente ancora non sa, non è
sensibilizzata. Il comitato per il Sì ha uno spazio risibile sui veri mezzi di
comunicazione, quelli cioè che raggiungono i sessanta
milioni di italiani. Fare i dibattiti sui quotidiani serve a poco: arrivano a un decimo della popolazione, che tra l’altro non legge
neanche tutto il giornale…».
Ci sarebbe pure una
legge che impone un’informazione referendaria adeguata sulla televisione
pubblica…
«Certo. Ma se ti mettono il dibattito adeguato a mezzanotte… Per adesso
non ho la sensazione di una grande mobilitazione in
tal senso».
Perché voterai quattro
Sì?
«Prima di tutto in difesa delle donne. Contro una legge che riguarda le
donne, ma è fatta dai maschi.
Con l’approvazione della legge 40, le donne
sono scese al rango di persone che subiscono decisioni altrui! La mia scelta di
votare quattro Sì è molto semplice: parte dal punto di vista che ogni essere
umano debba decidere per se stesso. Direi Sì a qualsiasi referendum che riporti
il diritto di scelta all’individuo. Soprattutto in una materia così delicata».
Ti faccio un’ultima
domanda, facile facile… Quando inizia secondo te la
vita umana?
«Sono portato a dire che la vita umana inizia quando si ha la coscienza
del sé e quindi quando si comincia a interagire con
l’esterno e quindi… nel momento in cui si nasce. È quella la prima interazione
ed è quella la prima sensazione che un individuo ha di “esserci”. Durante la
gravidanza c’è una fase ancora latente di vita umana, ma non si può risalire al
concepimento, all’embrione».
Che invece con
questa legge acquisirebbe più diritti non solo della
donna - che è già una cosa aberrante - ma anche del neonato stesso! Per cui se
anche quell’embrione dovesse
portare a un neonato Down, la faccenda importa meno…
«Certo. Tutela e salvaguardia dell’embrione
fino alla fine, anche se al bambino che nascerà mancheranno braccia e gambe… Lo
ripeto: l’embrione è un embrione, non è una persona. Lo diventerà soltanto al
momento della nascita».
(Nuova Agenzia
Radicale, 13/05/05)©
Paolo Izzo
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