Omosessualità. Tra libertà sociale e
ricerca psichiatrica
Intervista a Massimo Fagioli
Secondo il Venerdì di Repubblica (20/02/04),
lo psichiatra Massimo Fagioli – cito testualmente –
«non ha ancora deciso se prendersela di più con Freud,
già definito “vecchio sadico imbecille” o con l’omosessualità, bollata come
“annullamento” e considerata “legata alla pulsione di morte”». Il pretesto per
la provocazione è un libro di Gianna Sarra,
intitolato “La sindrome di Eloisa” (Nutrimenti, pp.
160), sugli amori epistolari di scrittrici e scrittori. Il saggio della Sarra in effetti rivela che Sigmund Freud era omosessuale,
pubblicando le sue lettere erotiche all’amico e collega Wilhelm
Fliess e allo scrittore Romain
Rolland.
Abbiamo intervistato Massimo Fagioli, per
chiarire il suo punto di vista sull’intera vicenda.
Allora professor Fagioli, ha letto il Venerdì?
«Comincerei
con una affermazione da Costituzione francese: nella
società non esistono né eterosessuali né omosessuali. Ai limiti, non esistono
né donne né uomini. Nella società esistono cittadini. E
il cittadino è quello che rispetta le leggi ed ha possibilità razionali di
comportamento. Se queste vengono a mancare, il
cittadino cade nella criminalità o nella malattia. E
allora in quel momento egli è sospeso: perché ovviamente se sta male, si è
rotto le gambe, non può fare l’atleta, non può nemmeno andare al lavoro e
quindi va curato. Quando riprende il funzionamento del corpo o anche della
mente, nella misura in cui è caduto nella malattia mentale, ritorna in società.»
Nell’articolo si diceva che lei ce l’avrebbe con gli omosessuali…
«Un momento. Quello che ho appena detto riguarda l’omosessualità come libertà
sociale. D’altronde, da psichiatra devo studiare l’omosessualità… Non
aggredisco gli omosessuali, perché ai limiti io non so se le persone che
incontro per strada o che stanno in ufficio e che incontro per ragioni di
lavoro sono omosessuali o non omosessuali. Non solo
non lo so, ma non me ne importa assolutamente niente. Quello è un fatto
privato!»
Qualcosa che avviene al di fuori dello
studio medico…
«È nella
società. E io non mi permetterei mai di dire che
qualcuno è omosessuale o no: quello è un libero cittadino, nella misura in cui
passa col verde, nella misura in cui è gentile, nella misura in cui rispetta le
regole sociali, nessuno ha il diritto di dire ‘quello è un omosessuale’,
sarebbe una cafonata e un’aggressione… C’è la querela per violazione della
privacy. Uno è liberissimo di fare quello che gli pare! E
se questa faccenda va a finire nello studio psichiatrico, ugualmente è un fatto
privato. Come dimostra la storia di quella donna che è stata liberissima di non
andare dal medico e morire per cancrena alla gamba. E
nessuno può intervenire…»
Tranne che nella ricerca scientifica…
«Se a livello culturale uno vuole discutere, fare ricerca
scientifica, allora è un altro discorso: allora si fa un convegno e si studia
che cos’è l’omosessualità, perché l’omosessualità, come viene l’omosessualità…
Il discorso diventa lunghissimo perché non è soltanto una questione
psicopatologica personale, privata, ma è una storia culturale generale. Di cui
ci siamo ampiamente occupati, cioè ancora molto poco,
perché dovremmo occuparcene molto di più… Parte dalle religioni, parte dalla
Ragione, dal logos occidentale…»
Che è uno dei tanti argomenti dei suoi
Incontri di ricerca psichiatrica all’Aula magna della Sapienza…
«Sì,
preparando il prossimo incontro del 28 febbraio, con Francesca Fagioli si rileggeva
un passo della Repubblica di Platone, in cui dice
esplicitamente che le donne non esistono, che le donne non sono esseri umani!
Quindi la Ragione, il logos occidentale sono basati
sull’omosessualità! Da 2500 anni. Poi tutti dicono che sono razionali, tutti
dicono che l’identità umana è Ragione ma nessuno dice che questo significa che
l’identità umana è omosessuale…»
Un’omosessualità latente, dunque.
«Ecco. C’è
questa grande distinzione per cui quella minoranza di
omosessuali espliciti, dichiarati, che hanno deciso, rappresenta il problema
meno importante. Se invece io scopro che non è affatto vero che esiste una
pulsione omosessuale originaria come diceva Freud; se
scopro, come ho scoperto, la pulsione di annullamento,
la negazione, la bramosia, il desiderio… posso dire che non è affatto come
diceva Freud. E soprattutto
posso affermare che il desiderio riguarda soltanto il rapporto eterosessuale!
Dall’altra parte non c’è desiderio, non esiste, è una negazione… Per il resto
se io preferisco passare le vacanze con una bella donna invece che con un uomo,
me la lasci questa libertà? E quindi se lui vuole
passarle con un uomo, con Romain Rolland
o con Fliess, ci vada. Ma
poi non può affermare che c’è una pulsione omosessuale originaria in tutti gli
esseri umani!»
Sin dal ’71, con “Istinto di morte e
conoscenza”, lei si batte contro queste teorie…
«Sin dal ’71
e anche prima. Lì c’è un altro problema più grosso, con la psichiatria o meglio
ancora non con la psichiatria, perché la psichiatria qui non c’entra, ma con
questa cosiddetta truffa storica della psicanalisi. Perché
l’hanno tenuto nascosto per cento anni che Freud era
un omosessuale? Questo Foucault lo diceva
esplicitamente, ai limiti l’ha confessato anche Thomas
Mann. L’ha confessato Armani…
Perché la società di psicanalisi ha organizzato tutta una truffa storica per
tenerlo nascosto? Per cui uno non poteva scegliere e diceva ‘vado a fare lo psicanalista’. Perché? ‘Perché lì sono eterosessuali, no?’. Invece non era vero…
Perché non dire: no, la società di psicanalisi è una società omosessuale, se
uno ci vuole andare ci va. Come c’è stato quel famoso
articolo di Ammaniti, mi
pare il 20 agosto 2000 o ’99, in cui affermava che i migliori analisti erano
gli omosessuali. Perché? Allora, ditelo. Così ogni
cittadino è libero di scegliere e, soprattutto, ogni studente, ogni ragazzo che
non ha idee chiare in proposito… E voi lo imbrogliate in questa maniera? Ecco
il punto.»
E
magari dicono: siamo tutti omosessuali. Invece con la sua teoria dell’immagine
interna…
«Quello è un
altro discorso ancora. Troppo complicato. Come si fa a dire tutto? Si devono
fare dei capitoli… Perché? Perché appunto il discorso
dell’immagine interiore è fondamentale. Non ce l’hanno.
Hanno soltanto la figura esterna, per cui magari
diventano grandi stilisti, ma il rapporto con l’interno delle donne, quello non
esiste…
Insomma,
massimo rispetto per tutti. Ai limiti, nella misura in cui gli omosessuali
rivendicano i diritti civili, io vado con loro a fare la manifestazione. Se però
vengono nel mio studio privato, dicendo: io sto male… Rispondo: amico mio, tu questa omosessualità la devi affrontare, perché
l’omosessualità non fa star bene. Perché non è un’identità.
Chiaro?»
Chiarissimo.
(Agenzia
Radicale, 22/02/04;
Quaderni Radicali, marzo 2004; Il Sogno della Farfalla, luglio 2004)©
Paolo Izzo
Torna a Interviste