Realtà mentale umana e sessualità:

la vera rivoluzione

Intervista a Massimo Fagioli

 

Professor Fagioli, partirei dall’intervista del 26 maggio, dove lei affermava chiaramente: “lo Stato si deve togliere di mezzo nei rapporti privati, addirittura intimi. In particolare nel rapporto uomo donna”. Dopo lo sconfortante esito dei referendum sulla fecondazione assistita, lo Stato resta di fatto un intruso nei rapporti privati, anche in quello tra medico e paziente…

 

Sono iscritto all’Ordine dei medici: se trovo qualcuno che sta perdendo sangue, non posso andare a consultare le leggi per quello che mi è permesso e quello che non mi è permesso. Ho fatto l’esame di Stato, sono responsabile: saprò io se devo fare tre iniezioni di penicillina e non cinque! Se poi sbaglio, per negligenza, ignoranza o imperizia, vado incontro al codice penale per un comportamento asociale. Lo stesso dovrebbe avvenire quando una donna ha problemi di fertilità. Ci deve pensare un medico. Invece interviene il legislatore, con una legge generale: ma queste cose non sono leggi generali. Di volta in volta sarà un esperto come Flamigni a decidere se praticare la fecondazione assistita e in che modo. È un fatto di clinica, di rapporto medico-paziente. Altrimenti lo Stato che ce l’ha data a fare l’abilitazione?

 

Allora perché i referendum non hanno nemmeno raggiunto il quorum?

 

Non sta a me fare analisi sociologiche sul perché ci sia stato questo astensionismo. Forse è mancato il coraggio: la gente è rimasta bloccata non sapendo decidersi in un senso o in un altro. Oppure no: c’è stata un’influenza del Vaticano. Per quanto riguarda la realtà umana, in particolare sessualità e procreazione, non ci sono idee, non c’è teoria, non c’è niente. La Chiesa ha le sue idee balzane, però ce le ha e le dice con assoluta precisione, le propone come dogmi. E la maggioranza delle persone ha timore di questa roba, no? Così ci troviamo a questa passività, dipendenza dalla religione, dal Cristianesimo, perché sono gli unici a rivendicare di sapere tutto sulla realtà umana e quindi a poter dire che non devi mangiare carne, che devi mangiare pesce il venerdì, quando devi fare l’amore. Sono discorsi di Igiene, che risalgono a quando non c’era uno Stato o una Scienza medica e decideva tutto la Religione. Non è così con il Corano? Stiamo diventando uno Stato teocratico…

 

Anche per quanto concerne la sessualità…

 

Soprattutto quella! Vogliono controllare proprio la sessualità, in particolare il rapporto uomo donna, perché c’è da pensare che questi cattolici, che sono molto furbi, abbiano capito che non è una questione di principio del piacere, ma è una questione di identità. Se uno riesce a gestire il rapporto uomo donna, a viverlo bene, si fa un’identità, diventa intelligente. Comincia cioè a capire come funziona la realtà umana. E questo non è ammesso. Il papa ha ribadito ultimamente che la sessualità serve solo per la procreazione. La mia risposta è che la sessualità che serve solo per la procreazione, che non è sessualità, è quella degli animali. Gli animali lo fanno soltanto quando hanno l’estro e sono fecondabili. Mentre la sessualità è dialettica tra due identità umane e non è sfogo dei sensi…

 

Al di là della Chiesa, sono in molti a ritenere la sessualità come uno sfogo dei sensi.

 

Sì, dicono che è libertà, che è soddisfazione di una sensibilità neurologica, come mangiare e soddisfare la fame, la sete. I bisogni sono un diritto di tutti e siamo d’accordo… Ma la sessualità non è un bisogno. Purtroppo uno può campare benissimo novantanove anni senza mai avere rapporti sessuali! Invece c’è un’assoluta ignoranza, un muro di piombo, d’acciaio nei riguardi di quello che c’è dentro il corpo come fatto mentale, psichico, di affetti, di pulsioni, di immagini. Per questo la sessualità viene considerata come un bisogno fisiologico, alla stregua dell’urinare: sono giovane, ho vent’anni, ho gli ormoni e devo scopare, devo eliminare questo sperma. Che poi diventa un problema soltanto maschile, nel senso che è l’uomo che si deve scaricare… Non ci siamo proprio.

 

Lei ha più volte affermato che l’omosessualità non è sessualità.

 

Ho anche detto che, finché si tratta di diritti civili, vado io a manifestare per i diritti degli omosessuali. Però non mi parlate di sessualità; ai limiti è affetto amichevole tra due fratelli e così via dicendo… Da un lato c’è la Chiesa che condanna la sessualità in genere e include gli omosessuali, senza fare distinzione tra quello che è o non è sessualità; dall’altra parte il pasticcio è che per difendere i diritti degli omosessuali si dica “ognuno ha diritto alla sessualità”. Ma quella non è sessualità! È uguale a quel discorso che ha origine nel vecchio femminismo e secondo cui la violenza sessuale non esiste… Tanto che anche per la legge è diventata lesione della persona. Perché la violenza non è sessualità. Sono due parole che non vanno insieme. Insomma, bisogna capire i concetti di identità maschile e femminile: l’identità sessuale. Tutte queste idee in giro non ci sono.

 

E quando lei le esprime si scatena un putiferio…

 

Perché non si fa distinzione tra il fatto privato e l’identità sessuale. L’omosessualità rientra nei fatti privati, non si può rivendicare come un’identità e addirittura, tra le righe, come un’identità superiore a quella degli eterosessuali. Tutte queste manifestazioni degli omosessuali che c’entrano? Allora io faccio le manifestazioni degli eterosessuali, dei bisessuali, degli astinenti sessuali: diventa una cosa assolutamente ridicola…

 

Quindi, professor Fagioli, come si può definire la sessualità?

 

La sessualità è realtà umana. È rapporto interumano al massimo grado che è rapporto uomo donna. È ricerca, perfezionamento, approfondimento, realizzazione di un rapporto sempre migliore, sempre più bello, che fa identità e non la distrugge. Non è come diceva Galimberti, che il desiderio distrugge l’identità dell’altro. Il desiderio, quando è desiderio, porta alla creazione e allo sviluppo dell’identità. Non è sfogo del piacere, del principio del piacere. Il rapporto tra persone dello stesso sesso è sempre parziale, con un fondo di indifferenza nei riguardi del corpo e del suo funzionamento. Ciò che può essere totale è il rapporto uomo donna in cui la mente si fonde al corpo ed emerge una sensibilità che va oltre quella neurologica che fa sentire caldo, freddo, duro, ruvido, tagliente. È un “sentire” che nel corpo, nell’identità dell’una e dell’altro, include anche gli affetti, per cui ti accorgi se uno ti odia o ti desidera, o meglio dovresti accorgerti…

 

In questi ultimi tempi la sua Analisi collettiva si è incontrata più volte con esponenti politici di sinistra: Bertinotti e Ingrao il 5 novembre; Giovanni Berlinguer, la Turco, Minucci il 27 maggio… Quali sono i termini di questo confronto?

 

Intanto è l’unico possibile. Ma è anche controverso per le cose che affermo da cinquant’anni. Il comunismo non può esistere se annulla la realtà umana. Invece la sinistra non l’ha mai considerata, per il fallimento dichiarato da Marx nella lettera al padre del 10 novembre 1837, in cui confessava che di realtà umana non aveva capito niente e perciò si sarebbe occupato esclusivamente di economia politica. Già l’economia politica pare proprio che non abbia funzionato, Cina permettendo… E rimane il fatto che la realtà umana, da quel giorno, non è più stata oggetto della politica di sinistra. Ecco perché io rivendico la teoria della nascita e quello che può significare la scoperta della nascita umana in cui siamo tutti uguali. I principi della Rivoluzione francese per cui tutti gli uomini nascono uguali, devono essere trasferiti dal piano giuridico, della coscienza, alla stessa natura umana. Per questo sostengo che tutti gli esseri umani - non dico tutti gli uomini, proprio per evitare confusione - nascono uguali, per via di un punto di partenza comune che è nascita uguale, realizzazione della mente come immagine. Poi c’è la differenziazione sessuale, ma dopo! Nel primo anno di vita c’è uguaglianza assoluta nella formazione fisiologica e psicologica… È una identità che comincia esclusivamente alla nascita: quello che era biologico nell’utero, nel nato diventa realtà umana nella misura in cui si fonde alla psiche… Poi ci sarà il rapporto con la madre finché con lo svezzamento l’essere umano si differenzia: io sono maschio e quell’altra è femmina. La donna assumerà certi atteggiamenti per cui l’oggetto del desiderio sarà il pene e per l’uomo invece il contrario…

 

E da questa differenziazione nasce il rapporto uomo donna…

 

Sì, se si riesce a realizzare a pieno questa diversità, il rapporto con la persona diversa. C’è anche la base contro ogni razzismo e nazismo nel rapporto uomo donna! Il rapporto tra uguali è pericolosissimo perché elimina i diversi. Invece bisogna avere una reazione libidica, di investimento, di interesse e di realizzazione di identità nel rapporto col diverso. E il massimo totale del diverso sta nel rapporto uomo donna. Per la donna è l’uomo e per l’uomo è la donna. Se si parte da lì, puoi fare benissimo dialettiche col cinese, col nero, con quello più alto o con quello più basso. Altrimenti i diversi vengono eliminati.

 

Prima ha sottolineato che invece della parola “uomini” preferisce dire “esseri umani”, per includere effettivamente le donne. Lei si è sempre distinto per una difesa a tutto campo dell’immagine femminile…

 

L’ho detto più volte, ma si può verificare nella storia, che non c’è stato mai un pensiero che abbia portato la donna a essere considerata essere umano come l’uomo. A cominciare dalla Bibbia che parte con Eva traditrice, alleata del demonio; a continuare con Platone che sostiene che la donna è una maledizione degli dei. Fino alla mentalità comune e nonostante i diritti civili che le donne possono aver acquisito - soltanto in parte, poi, e soprattutto nel mondo occidentale… La mia teoria porta a quello che dovrebbe essere un ovvio, l’ovvio della donna che è un essere umano. Gli altri dicono che parla, che ha la stazione eretta, l’opponente del pollice, però non ha la ragione, perché hanno messo l’identità umana nella ragione, che è soltanto maschile a partire da Socrate.

 

Meglio perderla questa ragione. Meglio le donne, viene da dire…

 

Eh sì! La ragione è proprio una bestia che va ben controllata. Questo è tutto un rovesciamento della mentalità comune: non è che la ragione deve controllare la non ragione, il non cosciente, ma è esattamente l’opposto. Ci vuole questa identità interna che ferma la ragione perché la ragione di per sé è anaffettiva, è basata sull’anaffettività. L’ha detto anche Annelore Homberg in televisione che la passionalità è considerata il nemico della ragione. E che invece il problema è l’anaffettività non la passionalità!

 

La passionalità viene dal non razionale, quindi. E ad essa si contrappone un iper-razionale?

 

Ne parlavamo anni fa a proposito del nazismo, proprio con la Homberg. I nazisti erano razionalissimi, con questi ragionamenti semplici: “ma che teniamo a fare quattrocentomila malati di mente, quando tutti questi manicomi ci servono come caserme per i soldati… tanto questi sono incurabili, sono un peso per la società… se li eliminiamo facciamo un bene della società”. Un ragionamento razionale logicissimo, però nazista! Perché non riconosce la realtà umana.

 

Torniamo al punto, alla realtà umana. Lei nomina spesso “la mentalità comune”, ma qual è il rapporto di questa mentalità con la realtà umana?

 

Si è arrivati, al massimo, all’identificazione, cioè al rapporto cannibalico tra esseri umani, cioè l’introiezione, cioè un rapporto di bocca. Il rapporto di bocca, invece, è quello dell’allattamento, che deve essere superato perché quella non è sessualità propriamente detta in quanto ha una componente alimentare…

 

Inoltre c’è l’idea che si nasca tutti malati, tutti matti. Lei rovescia completamente anche questa credenza.

 

Su questo non ci sono dubbi. Si nasce tutti sani di mente! Tranne per quelle che chiamano malattie genetiche che è pure da discutere se siano malattie, perché non hanno eziopatogenesi, non c’è l’agente della malattia. Le chiamano malattie genetiche, ma sono alterazioni dei cromosomi… Tanto che adesso si è arrivati al punto che si possono evitare, riparando i cromosomi alterati. Ciò non rientra nel concetto di malattia in cui c’è una causa, una patogenesi…

 

E comunque la malattia cosiddetta genetica attiene al corpo, cioè agli organi…

 

Certo. Salvo la frenastenia, l’oligofrenia, il mongolismo dove avviene che la base organica, che dovrebbe essere sana, non lo è. E dopo, poiché la psiche nasce da lì, ovviamente va incontro a mancato sviluppo, alterazione: la psiche non è che viene dall’alto, dall’esterno! È direttamente legata al corpo. Detto questo, certo si può fare uno sviluppo mentale anche se interviene la malattia, il trauma che rende zoppi, ciechi o sordi: la mente si può sviluppare lo stesso, come è successo a Beethoven, perché quella malattia del corpo non intacca la psiche in quanto si lega soltanto al corpo. La malattia mentale, cioè della psiche, sta nel rapporto interumano, quando è alterato il rapporto interumano. L’esempio è quello dei telefonini, dei campi elettromagnetici, per cui si altera la comunicazione mentre l’apparecchio è sano. Cioè il cervello è sano però si altera il rapporto. Il telefonino è un bell’esempio, perché può essere sanissimo, però se ci sono interferenze la comunicazione, il linguaggio sono completamente alterati.

 

Insistevo sul genetico come alterazione dell’organo perché c’è un’altra idea diffusa: la propensione a ritenere genetiche anche la depressione, la schizofrenia…

 

No, no, no. Abbiamo visto che gli psichiatri americani, nonostante cerchino di imbrogliare, non hanno mai provato che schizofrenia, depressione, etc. abbiano una base genetica. Non hanno mai trovato il gene della schizofrenia, della dissociazione… Ne ho parlato con Carlo Patrignani, in articoli di qualche anno fa. Perché peraltro quando c’è una malattia della mente come la schizofrenia, all’autopsia, ai vetrini non c’è nessuna alterazione cerebrale. Appunto, il telefonino è sano. È proprio l’espressione che si è alterata, perché l’espressione sta nel rapporto interumano, non nel rapporto con le cose. E questo viene dimostrato dai casi in cui si vede come gli schizofrenici possono avere un rapporto perfettamente sano con le cose, mentre nel rapporto interumano, invece del bacio, danno la coltellata. Non sanno distinguere l’una dall’altra cosa… E ce n’è uno al giorno di questi casi, dalla donna che ammazza il figlio con un calcio, all’omosessuale che uccide lo studente dopo l’esame perché non lo voleva… Gli organi funzionano, il rapporto con le cose, con le scale, con la luce, con l’aria, col mangiare e col bere è sanissimo; è il rapporto interumano che è completamente alterato: c’è la negazione, l’annullamento per cui non si distingue più la rivoltellata da un gesto normale, l’omicidio dal suicidio…

 

È stato lampante l’episodio di Cogne, dove la madre del bambino ucciso è riuscita e riesce ancora oggi a mantenere un rapporto lucidissimo con gli avvocati, con la televisione. Non è mai crollata.

 

Sono strutture di tale anaffettività che diventano di plastica, inattaccabili. Sono quelli che chiamo schizoidi: non vanno in crisi. L’ho detto tante volte e poi l’abbiamo visto anche nella nostra prassi decennale, più che decennale, che ai limiti il malato palese si cura! Per lo schizoide è più difficile…

 

Lei parla con naturalezza di cura e di guarigione della malattia mentale, di rapporto uomo donna che è realtà umana come realizzazione dell’identità di due esseri umani diversi… Questa teoria, questi concetti chiari risolverebbero un bel po’ di problemi…

 

Esatto. Il lavoro che abbiamo fatto noi è enorme: con il discorso della vitalità, della nascita. La teoria della nascita è un cardine che apre le porte, gli occhi, le orecchie a mille cose: senza questa il rapporto uomo donna, il rapporto interumano in genere, non ci sarà mai. Bisogna fare un po’ di psichiatria, scoprire la realtà mentale, scoprire la nascita, l’allattamento che è rapporto interumano e non soltanto ingestione di proteine, polisaccaridi, etc. per lo sviluppo del corpo. Lì inizia il rapporto interumano perché con la nascita comincia la mente! E allora questa mente si articola con la mente della madre o chi per lei. È tutto un periodo di vita che poi deve finire allo svezzamento perché ognuno deve rendersi indipendente e realizzare la propria identità, diversa da quella della madre. Quindi abolire anche il concetto di identificazione. Deve finire il rapporto alimentare tra essere umano e essere umano. Dopo il rapporto è pelle, occhi, orecchie, sensibilità e la bocca serve soltanto per parlare e fare altre cose… cioè non è più organo per mangiare l’altro, sennò è cannibalismo.

 

Per concludere, vorrei rilevare un fatto. A pochi giorni dal citato incontro tra l’Analisi collettiva e Bertinotti del 5 novembre, alcuni manifestanti si diedero all’esproprio proletario nei negozi di Roma; dopo le sue dichiarazioni sul rapporto uomo donna, rilanciate da “Liberazione” alla vigilia dei referendum, in un inserto dello stesso giornale uscì un brutto articolo sulla rivoluzione che passerebbe, cito testualmente, «per il buco del culo». Magari non c’è un collegamento diretto tra gli episodi, ma a me sembra che vi siano due rivoluzioni a confronto: quella fallimentare, vetero-sessantottina e quella invece che propone lei con la sua teoria e con la prassi dell’Analisi collettiva…

 

Ah sì. Quelle sono state reazioni proprio brutte, violente. Forse perché le mie argomentazioni sono valide, funzionano. Rubare libri e dischi, invece, non è rivoluzionario. E il culo serve nel canale alimentare: che c’entra col rapporto uomo donna, che c’entra con la sessualità? Di questo passo arriviamo alla rivoluzione degli alluci! Anche se gli alluci servono per camminare, sono uguali in tutti, nei capitalisti e nei proletari, no? Allora facciamo la rivoluzione degli alluci! C’è un livello inammissibile di stupidità, da cui la sinistra stessa deve prendere le distanze e infatti pare che lo stia facendo. La vera rivoluzione sta nel coraggio d’un pensiero nuovo sulla realtà mentale e l’identità umana e nello scoprire la violenza invisibile che si cela dietro l’anaffettività e le false rivoluzioni.

 

(Il Sogno della Farfalla n. 4/2005, ottobre 2005)© Paolo Izzo

 

Torna a Interviste