Una guida per perdersi a Napoli
(Antonella Cilento, “Napoli sul mare luccica”, Laterza
2006)
La collana “Contromano” è un’idea felice dell’editore Laterza:
quasi sempre sono libri-luoghi scritti-amati da bravi
autori. Ricordo quando lessi uno dei primi titoli, “Torino è casa mia” di
Giuseppe Culicchia, e ne rimasi
affascinato. La città piemontese era raccontata come un vero e proprio
appartamento. La casa, appunto, dell’autore.
Ora è la volta di Napoli, che però è una città troppo “espansiva” per
poter chiuderla tra quattro mura (semmai tra i quattro elementi della natura,
come la suddivisione dei capitoli ci insegna) e lo sa
bene Antonella Cilento, autrice per Laterza di
“Napoli sul mare luccica”. Ai suoi occhi, che sono come appena usciti dal
sonno, poco prima della messa a fuoco, poco prima di inforcare gli occhiali,
Napoli sfugge e si nasconde, cola come lava dal Vesuvio, si allunga nel mare,
invade tutti gli spazi e si perde sulle aeree colline (ed eccoli
i quattro elementi: fuoco, acqua, terra e aria). È un drago addormentato,
Napoli; gigantesco. Entro cui la Cilento si muove come
Asimov nel suo viaggio (allucinante) nel corpo umano.
La città continua a scappare, essendo un drago in dormiveglia e non un essere
umano sotto anestesia… Le sue fauci potrebbero
soffiare fuoco da un momento all’altro, gli intestini ribollire sotto le Stufe
di Nerone, la coda – con un colpo – spazzare un’intera periferia.
Non so come mi venga l’immagine fiabesca di un drago, né voglio a tutti i
costi trovarla ripercorrendo le 150 pagine del libro. Forse è il racconto
stesso, con la sua fantasia verace, con l’ondoso rimescolamento di memorie
coscienti e non, a suscitare immagini inedite come questa. È per come la Cilento, napoletana, attraversa la sua città quasi in
preda a uno straniamento; viene in mente il modo di
girare di Paolo Sorrentino, perché anche le “riprese”
della scrittrice sono delle visioni, un carnevale in sogno, una riunione
segreta…
Mi guardo indietro, ora, e non sono più tanto sicuro di aver cominciato a
parlare del libro. Forse Antonella mi perdonerà se mi sono già perso, ma è colpa sua. A un turista che
sfogliando “Napoli sul mare luccica” si avventurasse nella città partenopea,
succederebbe la stessa cosa: si “perderebbe”.
Per esempio cercando quel pino su via Posillipo «che esce da un portone quasi chiedendo permesso
e si stiracchia, ha le radici nel palazzo stesso e la chioma che si sposta
perché un balcone possa conservare il suo naturale
spazio d’affaccioۛ» o le lenti giuste per gli occhi di Napoli alle «spalle di San Pietro ad Aram, dove la luce
grigia del maltempo è ottusa dalle strisce colorate delle stoffe» e «facce
antiche di vecchi fanno pendant con i riccioluti capitelli compositi delle
lesene gialle e bianche dell’abside della chiesa». Perdersi a
Napoli e con questo libro; per ritrovarsi nella splendida Cappella San Severo
del Cristo velato, all’Isolotto di San Martino tra passato e presente,
al cimitero delle Fontanelle nel quartiere Sanità oppure alla fermata Leopardi
della Circumvesuviana.
O, infine, di fronte alle “Sette opere di misericordia” del Caravaggio (che si può ammirare nel palazzo del Pio Monte
della Misericordia), su cui la Cilento ha scritto
forse le sue pagine più belle. Sempre con una napoletanità
sana, mai smargiassa o campanilista, ma ironica e anche critica: giusto
dosaggio fra obiettivo disincanto e senso di appartenenza.
Come quel pino di via Posillipo,
come il suo libro.
(Nuova Agenzia
Radicale, 24/02/07)©
Paolo Izzo
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