Cieli irrespirabili
Un regime
comincia dove finisce il diritto allo sciopero. Dovrebbe essere questo
l’incipit di un commento sulla situazione dell’Alitalia
e dei suoi dipendenti. A parte il Manifesto, a scorrere i principali quotidiani
non si scorge un simile punto di vista…
Quando il
presidente del Consiglio, per altre faccende e in un altro contesto,
si lanciava nel suo solito umorismo nero e infelice, affermando la necessità di
cambiare
In tutti i
campi.
Nella
fattispecie del trasporto aereo la prassi è più o meno la seguente: si
prospetta un’agitazione dei lavoratori del settore? Essa viene
tranquillamente programmata dall’azienda. Anzi, prima ridotta ai minimi termini
e poi programmata. I sindacati partono con otto ore di astensione
dal lavoro? Bene, bisogna prima di tutto fare i conti con un preavviso di
settimane, poi con la scelta obbligata del giorno e delle ore in cui lo
sciopero avrà luogo, poi con i voli che comunque
devono rimanere garantiti, infine con la commissione di garanzia che determina
le modalità, precetta i dipendenti, porta le ore a quattro e così via… Ridotta
la protesta all’osso, l’azienda cancella molti dei voli di quella fascia oraria
(e, già che c’è, anche quelli che non rendono a sufficienza) e mette su un
numero verde per le informazioni ai viaggiatori, i dipendenti vengono
contattati e istruiti sui loro nuovi turni e il tutto diventa soltanto un
affare di coloro che i turni devono stilarli, variarli, comunicarli. I
passeggeri, non perdendo comunque l’occasione per
lamentarsi, sono avvertiti con largo anticipo dai notiziari che non perdono a
loro volta l’occasione per dare la colpa di ogni disagio agli assistenti di
volo. Fino ad oggi è andata così, con
l’azienda che regola e il sindacato che arretra…
Poi, a dimostrazione di questo nuovo
corso, è arrivato puntuale il colpo di mano: aggirando completamente i
sindacati, una circolare aziendale comunica ai suoi dipendenti che a decorrere
dal primo giugno si troveranno a volare con equipaggi ridotti, ovvero con un
carico di lavoro maggiorato. Per rendere meno amara la pillola, la stessa
azienda comunica che gli assistenti di volo offriranno ai clienti un servizio
di rinfresco ridotto rispetto al precedente, il che significa soltanto maggiore
malcontento per chi viaggia.
Gli
assistenti di volo, ritrovando un’unità che non si vedeva dalla fine degli anni
’70, scoprono di non essere in grado di volare, prima di tutto per la propria
salute psichica e fisica (entrambe sottoposte a dura prova dai ritmi e dal tipo
di lavoro), ma anche per la salute e la sicurezza dei passeggeri.
La gente
comune si chiede: che sarà mai un assistente in meno su di un volo nazionale?
Dobbiamo fare
un piccolo esempio. Centocinquanta persone salgono sull’aeroplano che li
porterà da Venezia a Roma, decollo stimato alle ore 12.30. La maggior parte di
loro ha un bagaglio doppio rispetto a quello previsto:
è riuscito con mille escamotages a portarlo a
bordo, ma non sa dove sistemarlo; altri hanno coincidenze con tempi
risicati: hanno deciso di rischiare una partenza al minuto e sono preoccupati
per il minimo ritardo; altri non hanno ancora comprato il quotidiano, sicuri di
trovarne una copia omaggio. Ciascuno di essi, dunque,
ha una veemente protesta pronta all’uso.
Il
capo-cabina, mentre accoglie a bordo i primi clienti, litiga con l’addetto del catering per la mancanza di acqua
di scorta e contemporaneamente è impegnato a ricevere istruzioni dal comandante
del volo, il quale gli sta comunicando l’ennesima restrizione del traffico
aereo con previsione di almeno un’ora di ritardo al decollo. Intanto una hostess spiega ai clienti particolarmente esigenti che i
giornali vengono imbarcati soltanto la mattina fino alle 11 e nello stesso
momento regge il bambino di una mamma sull’orlo di una crisi di nervi che non
trova il biberon da consegnare alla ragazza in divisa affinché ne riscaldi il
latte contenuto. Uno steward, in un bagno di sudore, sta
sistemando ciclopici bustoni di plastica pieni di
regali fragili (una busta di plastica non può essere stivata!) come meglio può.
A quel punto si sente male una signora, mentre un concerto di dieci neonati
(che si aggiungono ai centocinquanta adulti) strillano
unisoni per il condizionamento d’aria spento a causa di un guasto tecnico. La
signora viene assistita dal vicino che chiama con
insistenza l’assistente di volo superstite che a sua volta sta discutendo con
un cliente dal tono sprezzante, il quale si lamenta del posto vicino alla
paratia, mentre egli aveva chiesto il finestrino e minaccia una denuncia
all’azienda. Aggiungeremo che con ottime probabilità l’equipaggio in questione
si è svegliato alle
Pur avendo
(per scaramanzia?) considerato un aereo ancora a terra e senza nessuna emergenza in volo, mi è venuta l’emicrania soltanto
a pensare questa storia (mi assicurano: tutt’altro
che infrequente), che si è trasformata in vera e propria nevralgia del
trigemino quando ho immaginato di sottrarre un assistente di volo al mio
ipotetico equipaggio. Se fossi il dipendente di una
compagnia aerea, questo malessere si aggiungerebbe ad una qualsiasi delle
seguenti patologie croniche e non sempre riconosciute come professionali:
colite, gastrite, otite, labirintite, discopatie,
artrosi, ernia, insonnia, amenorrea… Per non parlare dei rischi legati allo
stress, ai continui cambiamenti climatici e di fuso orario, alle epidemie che
di volta in volta esplodono nei vari paesi in cui gli assistenti di volo sono
costretti a soggiornare.
E sarei
costretto ad aprire malattia. Sarebbe un mio diritto e, nel caso in questione,
servirebbe a difenderne un altro non meno importante: il diritto di avere voce in capitolo quando la mia azienda decida una
qualsiasi variazione del mio contratto e della mia stessa vita.
(Nuova Agenzia
Radicale, 05/06/03)©
Paolo Izzo
Torna a Articoli