Variazioni sul tema / Monte Athos

 

Doveva destare scandalo e sicuramente l’accusa rivolta a certi ambienti religiosi è senza appello, ma “La mala educaciòn” di Pedro Almodòvar è principalmente un film noioso. Per la totale assenza delle donne…

 

Ci imbarcammo all’alba o, meglio, prima dell’alba: il sole stava ancora accucciato dietro le colline e non spuntavano nemmeno i suoi capelli biondi. Eravamo in dodici, tutti uomini, compresi il capitano e un mozzo che ci davano ordini in greco e la guida, un italiano di origine elleniche, che traduceva impassibile. Il rumore assonnato del motore accompagnava i nostri sbadigli e la luce venne a sorprenderci soltanto a metà tragitto. L’acqua si colorò di rosa e di azzurro e fu la prima volta che la mia donna mi mancò ferocemente: avrei voluto che fosse lì con me ad ammirare quel mare color delle triglie. Nel corso della giornata avrei pensato spesso a lei, come a una sorta di amuleto, come a un sogno che dà la forza per attraversare la realtà.

Al di là di uno sperone di roccia, il mozzo ci indicò da prua il primo monastero e di lì a poco raggiungemmo lo stretto approdo dove saremmo sbarcati. La guida cominciò a raccontarci la storia di quel luogo mistico e tutto al maschile: tenne a precisare che secondo lui nemmeno le femmine degli animali erano ammesse (forse per autosuggestione, mi parve più volte di scorgere alcune impaurite gallinelle: clandestine?) e che comunque le donne non potevano nemmeno avvicinarsi in barca alla penisola. Poi ci disse che l’accesso ai visitatori in alcuni monasteri non era proprio consentito e ci fece vedere da lontano un edificio dove campeggiava la scritta “ortodossia o morte”, segno che lì non saremmo stati i benvenuti.

I monaci che incontrammo, barbuti e vestiti di nero, per lo più giovani novizi, apparivano cordiali e sorridevano di continuo. A me sembrava che una sorta di vuoto se ne stesse immobile sul fondo dei loro sguardi… Ci mostrarono reliquie di santi, ci offrirono un pasto frugale, molto genuino fatto degli ortaggi che coltivavano e ci raccontarono della loro vita nelle cosiddette famiglie che  formavano tra loro. I dolci, colorati e stucchevoli, terminarono la nostra visita.

Avevo trascorso sul monte Athos le dieci ore più lunghe della mia vita: l’aria stessa sembrava pesante, alle cose e ai colori era come se mancasse una delle tre dimensioni, che nessun credo religioso, almeno dal mio punto di vista, avrebbe potuto colmare. Una noia mortale mi aveva tenuto le mani legate lungo i fianchi… Riuscii a capire questi sentimenti soltanto quando, alla fine del viaggio di ritorno, sul molo di Ouranoupolis ci aspettava una donna, la moglie del capitano: di nero vestita, tarchiata e un po’ sbilenca, ci accolse con un sorriso dolcissimo, agitando la mano in un saluto… Fu come un’esplosione di immagini: avevo immaginato per tutto il giorno un mondo senza donne; non appena ne rividi una sola, per quanto un po’ sfiorita, fu come se il mondo mi fosse restituito in tutte le sue dimensioni e in tutta la sua bellezza.

 

 

(Zefiro, 27/10/04)© Paolo Izzo

 

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