Accostamenti azzardati
(Sergio Anselmi, “Perfido Ottocento”, il Mulino 2002 e Jorge Luis Borges,
“Il manoscritto di Brodie”, Adelphi 1999)
Vagando tra i libri, ossia leggendoli in parallelo ci si può imbattere in
curiose affinità tra narrazioni che nulla hanno a che vedere l’una con l’altra,
ma che svelano un senso comune. Questa fumosa tesi è stata il motivo per cui ho
scritto su «Quaderni Radicali», per anni, una rubrica intitolata “Vagone
Letto”: lì componevo tre o quattro romanzi diversi in un solo commento, con la
scusa che essi avevano un opinabile filo rosso che li teneva legati come
fossero appunto vagoni… Ripromettendomi di somministrarvi al più presto un
nuovo treno di libri, vengo comunque conquistato da questa idea leggendo
contemporaneamente due libri affascinanti. Sono due raccolte di racconti: Perfido Ottocento di Sergio Anselmi
e Il manoscritto di Brodie di
Jorge Luis Borges. Li metto nell’ordine in cui li ho cominciati - poi si sono
sovrapposti – e che per gli anni raccontati ha anche un senso cronologico
(sebbene Borges venga anagraficamente prima di Anselmi). Lo storico italiano
propone “sedici piccole cronache” tra il 1828 e il 1892. Lo scrittore argentino
chiude il XIX secolo e comincia quello successivo.
Siamo lì: sebbene gli episodi abbiano davvero tanti aspetti in comune, è
come se quel piccolo sfasamento temporale fosse necessario perché siano davvero
somiglianti. Ma non è forse la storia di Italia e Argentina ad essere parallela
ma non coincidente? Non è vero che in Argentina si respirano atmosfere che in
Italia capitavano un decennio prima se non di più e che poi si sono rarefatte?
Penso a Buenos Aires: il tango ballato nella piazza di San Telmo, la galanteria
maschile vissuta come un valore tenace, il gusto retro di certi luoghi, ma anche la lotta politica, le
manifestazioni… Chi ha modo di osservare oggi la capitale argentina non può
negare che somigli all’Italia lontana e scomparsa di fine anni Sessanta. Così
come, ahimé, la storia recente degli Stati Uniti paventa un nostrano scenario
futuro…
Tornando ai racconti, quelli di Anselmi sono curatissimi, sia dal punto
di vista della ricostruzione storica sia da quello del linguaggio. Anzi, non ci
si lasci ingannare dalla postilla dell’Autore: persino il “lessico” delle
pagine finali è utilissimo, nonché godibile come una narrazione. Scorrendo le
pagine di Perfido Ottocento,
si potrebbe credere che lo storico marchigiano abbia una predilezione per il
finale drammatico, tuttavia questi epiloghi sono accettati dai vari personaggi
con un certa indifferenza. Sono gli stessi destini di questi nostri antenati ad
essere stati oscuri, pieni di scandali e misfatti, di fatua malvagità! La penna
di Anselmi non soltanto raffigura la pochezza di persone maligne o la debolezza
di derelitti e indifesi, ma anche l’eredità che da quelle persone possono aver
tratto i nostri contemporanei, nella rassegnata considerazione del fatto che
nella Storia nulla si crea e nulla si distrugge. Né tanto meno viene
ri-costruito o fatto ri-sorgere: gli antichi vizi e le virtù - più rare -
tornano sempre a galla recando con sé tutto il loro carico di passato. Il
presente essendo una somma e una reiterazione delle perfidie perpetrate
dall’uomo nei secoli…
Nel prologo alla sua raccolta Il
manoscritto di Brodie, Borges è ancora più esplicito: pur situando i
suoi racconti “un po’ lontano, sia nel tempo che nello spazio”, egli fa
intendere che i fattacci narrati potrebbero essere accaduti anche sul finire
del XX secolo! I suoi personaggi sono raccontati da altri personaggi, senza
particolare enfasi, senza un coinvolgimento che celi moralismi o partecipazione
emotiva. Sono raccontati anch’essi come fossero cronache di gente comune. Né
più né meno. La prosa è efficace e precisa come sempre, la dimensione onirica
accompagna – meno del solito, bisogna dire – le parole di Borges.
Così sono rimbalzato dalla lettura di Zelinda, moglie di un pescatore e
contrabbandiere ucciso da una schioppettata a quella dei fratelli Nilsen che
condividono una donna e poi l’ammazzano; da Alfredo, imbarcato quattordicenne
come mozzo, allo scontro feroce tra Uriarte e Duncan; dalla tragica esistenza
di Eupilina alla sorte anche peggiore di Cardoso e Silveira.
Consiglio anche a voi, dunque, questa lettura… incrociata, pur essendo
consapevole che dopo un po’ sarete sconvolti dalla stolida indifferenza e dalla
anaffettiva ferocia che animano i protagonisti delle storie. Vi consolerete con
la considerazione che state vivendo nel terzo millennio e che quelle cose non
succedono quasi più… Per quanto mi
riguarda, nutro una maggiore speranza negli uomini rispetto a Borges e ad Anselmi. Anche se mi
trovo d’accordo con quest’ultimo quando scrive: “…solo un ben congegnato e
ripetuto miscuglio di impostura, tartufismo, piacere e arbitrio di governo ha
potuto creare l’immagine della solidarietà e della appartenenza comunitaria,
appunto, alla vita associata”.
(10/06/03)© Paolo Izzo
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